lunedì 14 gennaio 2013


In punta di matita
 
di Giuseppe Testa

 

 

 

Il libro è una affascinante raccolta di poesie nate senza dubbio dalla consapevolezza che una lirica può e deve essere un intimo colloquio della propria anima non solo con se stessa, ma anche con quanto la circonda, la chiama, la muove. I componimenti di questo volume partono infatti dal profondo sentire dell’autore per arrivare alle “cose della vita”. Ecco allora che i versi nascono dall’attenta e discreta osservazione di una vasta e variegata gamma di temi, i più policromi. Così gli occhi dell’autore guardano quelle piccole, grandi cose che colorano la quotidianità, sua e degli altri, perché permettono al lettore di riconoscersi in un sentimento, in una speranza, in una perplessità. Da un “orrore” a una “sera”, da una “violenza” a una “carezza”, tra le pagine scorre un fiume di pensieri e di sensazioni che, quieto e sereno, si lascia navigare con pacatezza da chiunque voglia gustare uno di questi momenti.

Se le occasioni letterarie che generano le liriche hanno il giusto sapore della diversità, lo stile segue invece una principale e sempre evidente caratteristica: la ricerca della parola. Non si tratta certo di una predilezione per l’artificio eccessivo e ridondante, ma di una misurata e diligente cura nel cercare e nel trovare un termine che sappia essere parte attiva e bella di un raccontare. Emerge infatti una riflessione che non è solo emotiva, ma anche linguistica che fa capolino sul continuo bisogno di versi musicali e morbidi, cadenzati dalle parole-rima. L’effetto che si ottiene è quello di una placida voce, che, con calma, riesce a parlare di tutto. L’efficacia di questo stile si nota anche in quei componimenti che, scritti in dialetto, richiamano e propongono la necessità di pensare e di apprezzare le radici di una storia e quelle della sua parlata.

Dai versi affiora anche la capacità della poesia di riflettere su se stessa, quasi di definirsi per figurare come l’autore la vede. O come “lei” vuole farsi vedere dall’autore. Per questo, nelle liriche dedicate a Eugenio Montale e a Mario Luzi, la poesia si veste di tutta la freschezza di “acqua limpida e chiara,/pura…” oppure “ruscello” in cui è possibile “scorgere il greto/e il vociare chiassoso dei fanciulli”

Autore di questo volume è Giuseppe Testa. Nato a Bubbiano nel 1954, vive a Castrate Primo. Molti suoi testi compaiono in svariate pubblicazioni antologiche di rilievo. Al suo attivo vanta numerosi riconoscimenti culturali. Sue pubblicazioni sono anche “Il segreto della felicità” (1987), “Lascia che il tempo” (1988), “Alla ricerca del ritmo” (1992).


 

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