martedì 14 ottobre 2014


Ci ha lasciati Lino Veneroni, scrittore e giornalista pavese

I suoi libri letti in Italia e all’estero
 
 

 
 

Sapere cosa dire. Sapere cosa fare. Come se fosse facile. Ma, a volte, basta allargare le braccia e sorridere, come faceva Lino Veneroni, in quelle occasioni che solo lui riusciva a creare. Non c’era presentazione di uno dei suoi libri in cui, alla fine, data la parola all’autore, mancasse un colpo di scena. E il bello è che, il grande Lino, queste cose non le studiava. Le diceva e le faceva. E basta. Con la sua abituale, elegante semplicità. E anche noi che abbiamo avuto la fortuna e il piacere di accompagnarlo a tante delle sue presentazioni non aspettavamo altro di sentire il suo intervento. Perché quando “il Lino” prendeva la parola ce n’era per tutti. Nel bene e nel male. Lui, bravo scrittore, non scarseggiava certo di parole. Ma non le ha mai usate tutte. Adoperava solo quelle che, in quel momento, gli permettevano di esprimersi restando se stesso. Tra tante belle pagine, tra tanti bei momenti, sono convinto che l’insegnamento più genuino di Lino Veneroni sia proprio quello che mi trasmise un pomeriggio di marzo mentre, in auto, stavamo andando a fare lezione all’Unitre di Broni. Mi disse: “ Quello che c’è da dire, bisogna dirlo. Perché, se non lo dici, non stai meglio. Anzi…” E lo sapevano bene i suoi amici, quelli veri, quelli con cui si confidava e dai quali accettava confidenze. Per loro non era nuovo essere redarguiti con quella solita, decisa, severa espressione: “ Ma cosa ti salta in mente! Non è così!  Tu non devi fare questa cosa!”. E subito dopo ci si sentiva addosso il suo sorriso che rendeva quella “sgridata” fraterna, affettuosa, efficace. Efficace come la prosa dei suoi libri, fatta di parole elegantemente macchiate di quella stupenda “pavesità” di cui era innamorato. E proprio l’amore, quello vero, è stato forse il trampolino, il punto di decollo della sua letteratura. L’amore per la sua amante, la narrativa. L’amore per sua moglie Pri, il suo sogno realizzato. Lino Veneroni è stato un uomo totalmente innamorato, non solo dei suoi affetti, ma anche di tutto quello che faceva. Specialmente se lo condivideva con i suoi amici. Gigi Rognoni, suo amico fraterno, afferma: “Con il Lino ci si scambiava di tutto e di più. Non solo per sfogarci. Ma proprio per tutto. E abbiamo discusso tante volte su tante cose. Ma mai su troppe. Perché lui è sempre stato così, in qualsiasi momento e per qualsiasi cosa, coinvolgeva gli amici. Li cercava. E li trovava. Sempre.”

 Raffinato e distinto “ragazzaccio”, Lino Veneroni è sempre riuscito a vincere il tempo. Sia perché il panico gli era sconosciuto, anzi, parlando con lui, per qualunque cosa, si tornava a casa pensando che quel problema non era in fondo così irrisolvibile. Sia perché ha sempre dimostrato dieci anni di meno rispetto alla sua reale età. E non era solo una questione di apparenza. Ma anche e soprattutto di mente. E la sua è sempre stata vulcanica, fresca, piacevolmente imprevedibile. Lo si toccava con mano quando parlava dei suoi progetti letterari. Ma ancora di più quando si trattava di organizzare le cene del Sodalizio o della Barcela. “As pö pü tégnal” veniva da dire. Ed era bello così. Ed era quello che tutti ci aspettavamo: il suo entusiasmo all’opera. Lo stesso entusiasmo che riversava completamente nella sua bontà. Senza perché. Senza prezzo. Senza nulla chiedere. Il suo “esserci volentieri” è sempre stato come il suo narrare sulla carta: veniva così, spontaneo e sincero come lui. I suoi libri nascono dalla sua terra. O comunque portano lì. Senza paura di parlare dei Ricordi, che non ricopriva di un’offuscante e opprimente polvere nostalgica. Anzi, per lui sono sempre stati mattoni solidi e sereni su cui appoggiare il suo presente, su cui progettare il suo futuro. Lui, scrittore e giornalista rinomato e richiesto, non ha mai smesso di parlare il suo dialetto. Quello di Broni. Perché il dialetto sa dire tante cose. Specialmente se è il tuo, quello che ti porti dentro, quello che diventa il tuo abito preferito. L’abito della festa, scuro o chiaro che sia.

Lino Veneroni ci lascia così, come sempre, quando lo si incontra. Ci lascia con un sorriso. Perche ci ha accompagnati sempre con un sorriso. Un  sorriso che riflette speranza, amicizia e progetti. Un sorriso bello. Ciao, Lino! Arrivederci!
 
Da Il Punto, 13 ottobre 2014

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