Ci
ha lasciati Lino Veneroni, scrittore e giornalista pavese
I
suoi libri letti in Italia e all’estero
Sapere
cosa dire. Sapere cosa fare. Come se fosse facile. Ma, a volte, basta allargare
le braccia e sorridere, come faceva Lino Veneroni, in quelle occasioni che solo
lui riusciva a creare. Non c’era presentazione di uno dei suoi libri in cui,
alla fine, data la parola all’autore, mancasse un colpo di scena. E il bello è
che, il grande Lino, queste cose non le studiava. Le diceva e le faceva. E
basta. Con la sua abituale, elegante semplicità. E anche noi che abbiamo avuto
la fortuna e il piacere di accompagnarlo a tante delle sue presentazioni non
aspettavamo altro di sentire il suo intervento. Perché quando “il Lino”
prendeva la parola ce n’era per tutti. Nel bene e nel male. Lui, bravo
scrittore, non scarseggiava certo di parole. Ma non le ha mai usate tutte.
Adoperava solo quelle che, in quel momento, gli permettevano di esprimersi
restando se stesso. Tra tante belle pagine, tra tanti bei momenti, sono convinto
che l’insegnamento più genuino di Lino Veneroni sia proprio quello che mi
trasmise un pomeriggio di marzo mentre, in auto, stavamo andando a fare lezione
all’Unitre di Broni. Mi disse: “ Quello che c’è da dire, bisogna dirlo. Perché,
se non lo dici, non stai meglio. Anzi…” E lo sapevano bene i suoi amici, quelli
veri, quelli con cui si confidava e dai quali accettava confidenze. Per loro
non era nuovo essere redarguiti con quella solita, decisa, severa espressione:
“ Ma cosa ti salta in mente! Non è così!
Tu non devi fare questa cosa!”. E subito dopo ci si sentiva addosso il
suo sorriso che rendeva quella “sgridata” fraterna, affettuosa, efficace.
Efficace come la prosa dei suoi libri, fatta di parole elegantemente macchiate
di quella stupenda “pavesità” di cui era innamorato. E proprio l’amore, quello
vero, è stato forse il trampolino, il punto di decollo della sua letteratura.
L’amore per la sua amante, la narrativa. L’amore per sua moglie Pri, il suo
sogno realizzato. Lino Veneroni è stato un uomo totalmente innamorato, non solo
dei suoi affetti, ma anche di tutto quello che faceva. Specialmente se lo
condivideva con i suoi amici. Gigi Rognoni, suo amico fraterno, afferma: “Con
il Lino ci si scambiava di tutto e di più. Non solo per sfogarci. Ma proprio
per tutto. E abbiamo discusso tante volte su tante cose. Ma mai su troppe.
Perché lui è sempre stato così, in qualsiasi momento e per qualsiasi cosa,
coinvolgeva gli amici. Li cercava. E li trovava. Sempre.”
Raffinato e distinto “ragazzaccio”, Lino
Veneroni è sempre riuscito a vincere il tempo. Sia perché il panico gli era
sconosciuto, anzi, parlando con lui, per qualunque cosa, si tornava a casa
pensando che quel problema non era in fondo così irrisolvibile. Sia perché ha
sempre dimostrato dieci anni di meno rispetto alla sua reale età. E non era
solo una questione di apparenza. Ma anche e soprattutto di mente. E la sua è
sempre stata vulcanica, fresca, piacevolmente imprevedibile. Lo si toccava con
mano quando parlava dei suoi progetti letterari. Ma ancora di più quando si
trattava di organizzare le cene del Sodalizio o della Barcela. “As pö pü tégnal”
veniva da dire. Ed era bello così. Ed era quello che tutti ci aspettavamo: il
suo entusiasmo all’opera. Lo stesso entusiasmo che riversava completamente
nella sua bontà. Senza perché. Senza prezzo. Senza nulla chiedere. Il suo
“esserci volentieri” è sempre stato come il suo narrare sulla carta: veniva
così, spontaneo e sincero come lui. I suoi libri nascono dalla sua terra. O
comunque portano lì. Senza paura di parlare dei Ricordi, che non ricopriva di
un’offuscante e opprimente polvere nostalgica. Anzi, per lui sono sempre stati
mattoni solidi e sereni su cui appoggiare il suo presente, su cui progettare il
suo futuro. Lui, scrittore e giornalista rinomato e richiesto, non ha mai
smesso di parlare il suo dialetto. Quello di Broni. Perché il dialetto sa dire
tante cose. Specialmente se è il tuo, quello che ti porti dentro, quello che
diventa il tuo abito preferito. L’abito della festa, scuro o chiaro che sia.
Lino
Veneroni ci lascia così, come sempre, quando lo si incontra. Ci lascia con un
sorriso. Perche ci ha accompagnati sempre con un sorriso. Un sorriso che riflette speranza, amicizia e
progetti. Un sorriso bello. Ciao, Lino! Arrivederci!
Da Il Punto, 13 ottobre 2014
Nessun commento:
Posta un commento