"E forse ci sono più stelle e segreti e insondabili vie tra noi, nel silenzio, che in tutto il cielo disteso al di là della nebbia." A.Pozzi
giovedì 18 dicembre 2014
lunedì 8 dicembre 2014
martedì 14 ottobre 2014
Ci
ha lasciati Lino Veneroni, scrittore e giornalista pavese
I
suoi libri letti in Italia e all’estero
Sapere
cosa dire. Sapere cosa fare. Come se fosse facile. Ma, a volte, basta allargare
le braccia e sorridere, come faceva Lino Veneroni, in quelle occasioni che solo
lui riusciva a creare. Non c’era presentazione di uno dei suoi libri in cui,
alla fine, data la parola all’autore, mancasse un colpo di scena. E il bello è
che, il grande Lino, queste cose non le studiava. Le diceva e le faceva. E
basta. Con la sua abituale, elegante semplicità. E anche noi che abbiamo avuto
la fortuna e il piacere di accompagnarlo a tante delle sue presentazioni non
aspettavamo altro di sentire il suo intervento. Perché quando “il Lino”
prendeva la parola ce n’era per tutti. Nel bene e nel male. Lui, bravo
scrittore, non scarseggiava certo di parole. Ma non le ha mai usate tutte.
Adoperava solo quelle che, in quel momento, gli permettevano di esprimersi
restando se stesso. Tra tante belle pagine, tra tanti bei momenti, sono convinto
che l’insegnamento più genuino di Lino Veneroni sia proprio quello che mi
trasmise un pomeriggio di marzo mentre, in auto, stavamo andando a fare lezione
all’Unitre di Broni. Mi disse: “ Quello che c’è da dire, bisogna dirlo. Perché,
se non lo dici, non stai meglio. Anzi…” E lo sapevano bene i suoi amici, quelli
veri, quelli con cui si confidava e dai quali accettava confidenze. Per loro
non era nuovo essere redarguiti con quella solita, decisa, severa espressione:
“ Ma cosa ti salta in mente! Non è così!
Tu non devi fare questa cosa!”. E subito dopo ci si sentiva addosso il
suo sorriso che rendeva quella “sgridata” fraterna, affettuosa, efficace.
Efficace come la prosa dei suoi libri, fatta di parole elegantemente macchiate
di quella stupenda “pavesità” di cui era innamorato. E proprio l’amore, quello
vero, è stato forse il trampolino, il punto di decollo della sua letteratura.
L’amore per la sua amante, la narrativa. L’amore per sua moglie Pri, il suo
sogno realizzato. Lino Veneroni è stato un uomo totalmente innamorato, non solo
dei suoi affetti, ma anche di tutto quello che faceva. Specialmente se lo
condivideva con i suoi amici. Gigi Rognoni, suo amico fraterno, afferma: “Con
il Lino ci si scambiava di tutto e di più. Non solo per sfogarci. Ma proprio
per tutto. E abbiamo discusso tante volte su tante cose. Ma mai su troppe.
Perché lui è sempre stato così, in qualsiasi momento e per qualsiasi cosa,
coinvolgeva gli amici. Li cercava. E li trovava. Sempre.”
Raffinato e distinto “ragazzaccio”, Lino
Veneroni è sempre riuscito a vincere il tempo. Sia perché il panico gli era
sconosciuto, anzi, parlando con lui, per qualunque cosa, si tornava a casa
pensando che quel problema non era in fondo così irrisolvibile. Sia perché ha
sempre dimostrato dieci anni di meno rispetto alla sua reale età. E non era
solo una questione di apparenza. Ma anche e soprattutto di mente. E la sua è
sempre stata vulcanica, fresca, piacevolmente imprevedibile. Lo si toccava con
mano quando parlava dei suoi progetti letterari. Ma ancora di più quando si
trattava di organizzare le cene del Sodalizio o della Barcela. “As pö pü tégnal”
veniva da dire. Ed era bello così. Ed era quello che tutti ci aspettavamo: il
suo entusiasmo all’opera. Lo stesso entusiasmo che riversava completamente
nella sua bontà. Senza perché. Senza prezzo. Senza nulla chiedere. Il suo
“esserci volentieri” è sempre stato come il suo narrare sulla carta: veniva
così, spontaneo e sincero come lui. I suoi libri nascono dalla sua terra. O
comunque portano lì. Senza paura di parlare dei Ricordi, che non ricopriva di
un’offuscante e opprimente polvere nostalgica. Anzi, per lui sono sempre stati
mattoni solidi e sereni su cui appoggiare il suo presente, su cui progettare il
suo futuro. Lui, scrittore e giornalista rinomato e richiesto, non ha mai
smesso di parlare il suo dialetto. Quello di Broni. Perché il dialetto sa dire
tante cose. Specialmente se è il tuo, quello che ti porti dentro, quello che
diventa il tuo abito preferito. L’abito della festa, scuro o chiaro che sia.
Lino
Veneroni ci lascia così, come sempre, quando lo si incontra. Ci lascia con un
sorriso. Perche ci ha accompagnati sempre con un sorriso. Un sorriso che riflette speranza, amicizia e
progetti. Un sorriso bello. Ciao, Lino! Arrivederci!
Da Il Punto, 13 ottobre 2014
lunedì 13 ottobre 2014
Tra le tante
belle cose che sono state dette su Lino Veneroni, colpisce particolarmente la
definizione che Paolo Pedrazzi, delle edizioni Eumeswil, mi ha regalato pochi
giorni fa: “Lino non è solo una mente vulcanica, sempre pronta a nuove idee e a
mille iniziative, è soprattutto il cantore più appassionato della sua terra.”.
Queste parole ritraggono benissimo l’anima e lo stile dello scrittore pavese
sempre in crescita e in continua affermazione. Ogni suo lavoro ha sempre
colpito nel segno, ogni suo libro è stato un successo. In un mondo in cui
troppe persone si dicono scrittori senza esserlo davvero, si ha bisogno di una
figura come quella di Veneroni che, con la scrittura, ci sa proprio fare.
Il cuore di ciò
che scrive combacia direttamente con il suo cuore: Pavia e l’Oltrepò. La terra
in cui è nato e in cui vive colora le sue pagine e riempie le narrazioni. Le
colline e la città, insieme con i loro personaggi escono dai suoi brani e si
raccontano, mostrando lati che solo Veneroni è capace di cogliere, presentare,
valorizzare.
Personaggio eclettico,
intelligente e brillante è stimato profondamente anche da illustri personaggi
della cultura pavese e italiana. Non è per nulla difficile sentire elogi nei
suoi confronti anche da parte di autorevoli personalità come il professor
Angelo Stella, docente di Storia della Lingua Italiana presso il nostro ateneo,
e dal professor Giuseppe Polimeni, che lo stesso Veneroni definisce un “giovane
talento dell’insegnamento universitario”. E’ fortemente apprezzato anche da
Mino Milani, che di Pavia rappresenta l’autore per antonomasia, per la sua
capacità di destreggiarsi in ogni situazione. Di lui dice: “Sono tanti i motivi
per i quali Veneroni mi avvince e mi piace, ma se dovessi scegliere tre
aggettivi per definirlo, non esiterei: entusiasta, instancabile, convinto.
Entusiasta perché sempre mosso da un passione forte e intensa verso i
protagonisti di ciò che scrive; instancabile, perché sempre pronto a misurarsi,
con coraggio e successo, in nuove iniziative; convinto perché consapevole del
fatto che la nostra città e la nostra terra hanno, quotidianamente, mille e
mille cose da raccontarci, da insegnarci, da farci gustare.”
Veneroni ha
messo la sua firma accanto a quella di preziosi e validi artisti tra cui ricordiamo
volentieri il pittore Malvern che ha esposto le sue opere anche alla Biennale
di Venezia. I suoi disegni infatti hanno più di una volta arricchito le pagine
di Veneroni, come nel caso del bellissimo e originale romanzo storico “Odiate
Roma, ma diffidate di Annibale” o nel più oltrepdano “Il giullare
dell’Oltrepo”.
Il suo esordio
narrativo avviene nel 1997 con “Il prete nel letto…sussurri di un mediatore di
matrimoni”. Già da questa prima opera si delinea in modo chiaro e
inequivocabile il suo stile lineare, caratterizzato da una limpidezza
equilibrata ed estremamente efficace. Si tratta di una raccolta di racconti
ambientati, come è naturale che fosse, in quegli stessi luoghi che l’autore ha
visto e vissuto da bambino. Anche i protagonisti incarnano queste origini e le
esprimono con tutta la loro personalità. Sono storie di gente semplice narrata
in una particolare fetta della loro esistenza che affrontano ognuno a suo modo,
a volte con ironia e divertimento, a volte con la tragicità di un gesto estremo.
Leggendo queste pagine d’esordio si gusta tutto l’entusiasmo di un narratore
destinato a continuare, ad affermarsi sempre maggiormente, a riscuotere
successi. Infatti tutte pubblicazioni diventano un vero e proprio evento. Basti
solo pensare alle presentazioni di ogni singolo volume, appuntamenti che fanno
riempire le sale e che vantano la presenza, tra gli oratori, oltre che i
personaggi sopra citati, immancabili voci di questi incontri, di persone del
calibro di Siro Brondoni, di Tino Cobianchi e di importanti uomini del mondo
politico.
La preparazione
di Lino Veneroni è direttamente proporzionale alla sua piacevolissima “verve”,
alla sua simpatia, alla innata e potente capacità di catturare il lettore, di
farlo appassionare e di farlo divertire. Ne sono prova i libri dedicati alle
più celebri “macchiette” oltrepadane come i comici vogheresi Buzzi e Malacalza.
Di loro riesce a trasmettere tutta l’energia, l’anima, il sorriso.
Un posto tutto
particolare all’interno della produzione di Veneroni occupano certamente i
lavori su Mario Salvaneschi, meglio conosciuto come “Il Lasaràt”. Personale
amico dell’autore fin dall’infanzia, personaggio di una piacevolezza
semplicemente spontanea, naturale e straripante, ha raccontato tutte le sue
“Gags”, le sue battute, le sue “ingegnose trovate” che sono state messe per
iscritto e raccolte in diversi volumi. Ne citiamo uno per tutti: “Il giullare
del’Oltrepo… l’arte di far ridere a crepapelle”. Proprio con questo titolo si
dipinge completamente , in poche, ma mirate parole, la figura di una
prorompente personalità che trasforma il “far divertire” in una vera e propria
arte. Certamente le cose “parlate” hanno sfumature differenti da quelle
“scritte”. E l’abilità di Veneroni è stata appunto di registrare e di fermare sulla
carta tutto il colore e il calore che Mario Salvaneschi regalava al suo
pubblico quando, dal palcoscenico, suo vero “habitat” naturale, lo faceva
ridere a più non posso.
Interessato a
molteplici esperienze e a svariati argomenti, Lino Veneroni, prima di pubblicare
un libro o un narrazione, ha sempre ricondotto le sue ricerche, dettagliate e
precise, a un contesto ben preciso: la sua, la nostra gente. Le sue opere
parlano sempre di qualcuno di noi, a volte in modo aperto e diretto, a volte di
striscio con una delicata pennellata pavese, appena vista in controluce, ma
capace di illuminare e di dare identità a tutta una storia. A tal proposito
citiamo volentieri “Sguardi dalla collina”, uno dei suoi più vivaci romanzi, in
cui, dalla consapevolezza dell’irrimediabile trascorre del tempo tra le
infinite vicende anche di una sola esistenza, trapela tutto l’amore che Lino ha
per la vita.
Con le sue
narrazioni, Veneroni non ha dato voce solo ai paesaggi e alla gente comune, ma
è anche stato capace di raccontare eccezionali personalità, come Agostino De
Pretis. Nato a Stradella, uomo politico di illustre carriera, tante volte
Predidente del Consiglio dei Ministri, ci viene presentato sottobraccio a un
“sogno” ricorrente. E un nuovo e inaspettato angolo prezioso della sua anima
emerge piano piano in una storia tutta leggere.
Veneroni è
sempre presente, non solo con i suoi libri, nella realtà culturale e letteraria
di Pavia e dell’Oltrepo. Il “mai quieto” Lino infatti tiene, da diversi anni,
alcuni corsi presso l’UNITRE di Broni, suo paese natale. A seguire i suoi
incontri sono in molti, anche perché la sua capacità di trascinare è talmente
forte che chi lo ascolta non può sottrarsi dall’essere coinvolto in ogni sua
idea, diventando quasi un suo coautore. Come è successo con alcuni studenti
bronesi che, penna alla mano, sotto la sua guida hanno addirittura scritto un
libro: “Quando Broni era il re dei paesi”.
Tra le numerose
frequentazioni ricordiamo la sua amicizia con la poetessa Angiola Maria
Portaluppi, e la presidenza di svariati concorsi letterari, in particolare
quello dedicato all’indimenticabile amico “Lasaràt”. Un rapporto di stima e di
affetto reciproci lo lega anche al professor Marziano Brignoli, eminente
storico che vanta centinaia di pubblicazioni.
Di spiccate
qualità intellettuali e umane, Veneroni lascia sempre un segno ovunque passi.
Vuoi per la sua bravura, vuoi per la sua gradevolezza: il professor Angelo
Stella lo definisce “simpatico, ma soprattutto un oltrepadano
eccezionale”.Complimento, questo, che acquista ancora più valore se si pensa
che a farlo, è uno juventino D.O.C. a un torinista convinto.
Ma il nostro
Lino non finisce mai stupirci. E’ infatti già pronto il suo ultimo romanzo che
uscirà a fine gennaio. Per l’occasione la casa editrice Eumeswil organizzerà
un’intera giornata di presentazione, in collaborazione con il Comune di
Stradella e con altri enti. Il titolo è, ancora una volta, accattivante,
gustoso, azzeccato: “Il suono di un’idea”. E’ la storia, felicemente romanzata,
di Mariano Dallapè, padre di quel meraviglioso strumento che è la fisarmonica.
Davanti agli occhi del lettore scorrono le vicende di un giovanissimo ragazzo
che parte verso l’avventura di un viaggio, per percorrere la strada della vita.
In mezzo a tutto ciò che il mondo propone e qualche volta impone, Mariano
cresce, diventa uomo, si diverte, soffre. E ogni suo passo è sempre
accompagnato da un “suono”, impalpabile, ma presente, che prende forma nelle
note e nella vita che la musica sa dare. Anche in queste pagine lo stile di
Veneroni è inconfondibile. La sua limpidezza e l’immediata spontaneità
raccontano, descrivono, disegnano e colorano le pagine di un altro bellissimo
libro. Anche Paolo Conte lo ha letto e apprezzato, tanto che la prefazione
porta addirittura la sua firma. Questo strumento, ricco “di poesia e di
domestico mistero”, per dirla con le parole del celebre musicista, è ora un
romanzo in cui musica e letteratura narrano e cantano la storia di una vita.
A Lino Veneroni
diciamo grazie. Grazie di tutti i libri che ci ha regalato e di tutti quelli
che ci regalerà nei prossimi anni. Ancora una volta gli auguriamo di non
cambiare mai e di restare sempre così: innamorato delle sue origini e della sua
gente. Tanto orgoglioso di Pavia, quanto Pavia lo è di lui.
martedì 25 febbraio 2014
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