La spada è sempre stata l’arma per
antonomasia. Brandita da soldati e da re, è ricca di simboli, di tradizioni e
di potere. A cominciare dal potere di vita o di morte. Se poi a sguainarla è
Francesco I, re dei Francesi, magari durante la Battaglia di Pavia del 1525,
allora la lama si colora di particolarissimi significati che gettano le basi
delle nostre tradizioni. Ciò non poteva certo sfuggire al “Sodalizio della
Zuppa alla Pavese e dell’Alborella”, associazione nata proprio sull’eco storica
e culturale di questo avvenimento. I Cavalieri del “Sodalizio” infatti, durante
la loro ultima riunione, hanno presentato la “Spada di Francesco”. Si tratta di
un modello, battuto da sapienti artigiani
appositamente per l’occasione, che replica
la spada che i cavalieri usavano in battaglia tra la fine del XV e il primo quarto del XVI secolo. Inutile dire che questo oggetto racchiude e
racconta non solo una fetta importantissima di storia, ma anche e soprattutto
un momento di vita particolarmente intenso e avvincente. È proprio con una
spada simile a questa che Francesco I, nella fase iniziale della battaglia di
Pavia, abbatte con un gran fendente Ferrante Castriota, marchese di Civita
Sant' Angelo, comandante della cavalleria leggera imperiale, aprendogli una
profonda ferita che, partendo dalla scapola, termina addirittura allo stomaco.
Questa scena, caratterizzata da un’epica violenza, è raffigurata su uno degli
Arazzi fiamminghi della Battaglia di Pavia conservati nel Museo di Capodimonte
a Napoli. E sembra proprio di vederlo, il “Re de li Francesi”, che avanza
impetuoso e volece, seminando sangue nell’esercito nemico. Lui, già di per sé
alto circa un metro e ottanta, di corportatura robusta, lanciato in sella al
suo destriero, ha senza dubbio infuso un profondo e agghiacciante timore in chi
tentava inutilmente di fermarlo. Tra le grida e i mille rumori della battaglia
però, improvvisamente si ode anche un colpo di archibugio che colpisce e uccide
il suo cavallo. L’animale muore e crolla a terra schiacciando e imprigionando
la gamba sinistra del re. Subito i fanti nemici gli si avventano addosso con
l’intenzione di ucciderlo, ma egli continua a brandire la spada e riesce, pur
in quelle condizioni, a difendersi. Poi alcuni ufficiali spagnoli lo
riconoscono, fermano i soldati e lo fanno prigioniero. Ormai catturato,
Francesco si arrende ufficialmente consegnando la spada al comandante
dell'esercito ispano-imperiale, Charles de Lannoy, Vicerè di Napoli. Nel
riceverla, il capo dei nemici si inchina, segno di rispetto davanti al
coraggio, alla forza, alla Storia.
Il modello
conservato dai “Cavalieri della Zuppa Alla Pavese” è appunto depositario di
questi valori
e per questo è
usato nella parte più importante del cerimoniale di intronizzazione dei nuovi
cavalieri. Solo quando il Gran Maestro Gigi Rognoni ha toccato tre volte con la
spada l’aspirante membro, quest’ ultimo diviene a tutti gli effetti “Cavaliere
del Sodalizio”. La sagoma e le misure della spada sono state portate alle mani
degli artigiani dal professor Luigi Casali, affermato storico che, in base a
ricerche approfondite, ha potuto fornire le esatte fattezze di ogni singola
parte dell’ arma. Ci piace pensare che, Appena dopo la Battaglia di Pavia,
quando Francesco I si trova nella cascina Repentita, davanti a una tazza di
Zuppa alla Pavese preparata da una semplice contadina, la sua spada fosse là
con lui. Magari appoggiata alla base di un muro scrostato e povero, con la
punta sul pavimento. Quasi un silenzioso e dignitoso addio al suo unico
padrone, al suo unico re.
Da Il Punto, 1 luglio 2013
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